Perchè il cyberbullismo ormai non riguarda più solo i giovani – 9 febbraio 2017 –

Lo scorso 7 febbraio, in concomitanza con il “Safer Internet Day”, la giornata mondiale per la sicurezza on line istituita dalla Commissione Europea, si è celebrata la prima giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo.

L’iniziativa, promossa dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nell’ambito del Piano nazionale per la prevenzione del bullismo e del cyber bullismo a scuola, è volta a sensibilizzare i ragazzi rispetto a un fenomeno che purtroppo è in aumento ed al contempo sottostimato se si considera che, secondo i dati emersi da un’indagine Istat risalente all’anno 2014, più del 50% dei soli adolescenti di età compresa tra gli 11 e i 17 anni ha riferito di avere subito qualche episodio offensivo, non rispettoso o violento da parte di altri ragazzi o ragazze nel corso dei dodici mesi precedenti.

Ben vengano queste iniziative, poiché risultano utili anche a porre in evidenza che il bullismo e il cyberbullismo, vale a dire la sua declinazione “informatizzata”, sono problematiche che non riguardano unicamente i più giovani.

Infatti, se da un lato è innegabile che tra i ragazzi la diffusione di tali vessazioni è ormai quasi epidemica, dall’altro va detto che anche gli adulti, come documentano taluni drammatici episodi balzati anche agli onori delle cronache, possono essere protagonisti oppure vittime di atti di sopraffazione tanto subdoli quanto gratuiti.

Si consideri per esempio che vi sono fenomeni prevaricatori tipici dell’età adulta come il mobbing e lo stalking, che presentano caratteristiche del tutto analoghe al bullismo “giovanile” e celano lo stesso bisogno deviato di affermazione dell’io, oltre alla mancanza del benché minimo sentimento di riguardo verso la dignità altrui.

Per quanto le dinamiche siano differenti, i contesti e le modalità tra gli atti persecutori degli adulti e quelli posti in essere dai più giovani, hanno come minimo denominatore l’assenza assoluta di rispetto per l’altro. Proprio come accade per gli atti di bullismo tipici dell’età adolescenziale, anche negli episodi di bullismo in età adulta si registra la silenziosa complicità di quanti assistono inerti o indifferenti ai soprusi.

Mentre non è semplice definire il bullismo in ragione della sua variegata natura, né tantomeno tracciare un preciso identikit del “bullo”, è certamente possibile individuare i criteri in base ai quali le vittime vengono prescelte, vale a dire la loro condizione di debolezza, ma è più giusto dire di diversità, per caratteristiche personali o socioculturali rispetto al resto del “branco”.

Tanto tra i più quanto tra i meno giovani, la vittima finisce paradossalmente nella quasi totalità dei casi per accettare passivamente questo ruolo, consapevole della propria “diversità – debolezza”, ritrovandosi isolata e in una posizione letteralmente senza via d’uscita.

Su questo tema, dove il dibattito è aperto da anni, sono state formulate numerose proposte legislative, ultima delle quali, dopo essere stata approvata con una larghissima maggioranza al Senato lo scorso 31 gennaio, è ora in attesa del definitivo via libera della Camera dei Deputati. Se, come si spera, la legge verrà approvata, potremmo senz’altro ritenere che un primo traguardo sarà stato raggiunto, anche se la normativa è circoscritta ai soli casi di cyber bullismo nei confronti dei minori di età.

Comunque vada, il percorso è ancora lungo e in uno Stato come il nostro dove è palese la bulimia legislativa, dobbiamo essere interessati alla interpretazione ed applicazione delle leggi oltre che alla loro promulgazione ma soprattutto, in questo caso, al pari di tanti altri fenomeni prevalentemente caratterizzati da una carenza educativa utile a contrastarli, è necessario  che si affermi, nelle scuole, soprattutto nelle prime classi, nello spirito di ciò che è avvenuto per la prima volta qualche giorno fa, una vera cultura dell’inclusione, della tolleranza e dell’accettazione delle diversità, pilastri sui quali fonda il nostro ordinamento.

La battaglia al bullismo va combattuta non soltanto nelle aule di tribunale con finalità repressive, ma soprattutto nelle scuole e in famiglia in ottica formativa e preventiva, con la consapevolezza che ognuno nel suo ruolo deve fare la propria parte, a cominciare dai genitori, affinché i ragazzi di oggi divengano un domani cittadini educati al rispetto di ogni disuguaglianza.