Il lodo Alfano: in attesa della Consulta – 30 settembre 2009 –

Il vaglio della Consulta su provvedimenti legislativi che, anche latamente, potrebbero essere sospettati di incostituzionalità, rappresenta un importante elemento di garanzia che in ogni ordinamento giuridico democratico, tra i quali senza dubbio possiamo annoverare il Nostro, è espressione di un presidio anche di certezza del diritto. Per altri versi quest’ultima è rappresentata dal principio, per quanto di contenuto retorico, in base al quale il diritto deve ricevere una applicazione prevedibile. Ciò detto, è legittimo che la Corte Costituzionale, al pari di qualunque altro organo giurisdizionale, possa, soprattutto in un sistema di civil law, cambiare opinione. È certo però che l’inversione di rotta, vale a dire il cambiamento dell’orientamento giurisprudenziale, debba fondarsi su motivazioni di rilevante incidenza innovativa e convincenti poiché la stabilità e la tenuta temporale di una decisione del Supremo Collegio è un dato imprescindibile volto, appunto, a confermare il principio della certezza di diritto di cui si è detto.

 

Su questi presupposti fonda la ragionevole concreta possibilità che la Corte Costituzionale decida sul cosiddetto lodo Alfano, ovvero la legge 124/2008, respingendo la invocata declaratoria di incostituzionalità. D’altra parte che il lodo Alfano sia una legge strutturata sulle ceneri del cosiddetto lodo Schifani, bocciata dalla Consulta, è evidente così come, per espressa dichiarazione dell’attuale presidente della corte Amirante, relatore della sentenza sul lodo Schifani, sappiamo che quest’ultima o per meglio dire le indicazioni contenute nella decisione, saranno alla base della prossima pronuncia sul lodo Alfano.

 

Più nel dettaglio, si può rilevare che proprio la Suprema Corte ha stabilito che il principio del sereno svolgimento delle massime funzioni istituzionali non viola né si contrappone al principio di uguaglianza tra i cittadini. Per altri versi la legge sul cosiddetto lodo Alfano pare abbia superato le forche caudine della sentenza del 2004 sul lodo Schifani, avendo recepito le obiezioni che la Corte ebbe a formulare. Sono state infatti introdotte le modifiche utili al superamento delle critiche più serrate: la sospensione dei processi; la tutela della parte civile; la durata del blocco del giudizio limitata ad un mandato, senza possibilità di reiterazione, l’esclusione dell’equiparazione del Presidente della Consulta con cariche diverse.

 

Anche sul non secondario rilievo allora  formulato dei giudici remittenti, ovvero che per la creazione di uno scudo “sospendi processi” ci voglia una legge costituzionale, la Consulta ha implicitamente risposto, non accogliendo il rilievo di incostituzionalità. È tutt’altro che pacifica la tesi sostenuta dalla attuale maggioranza parlamentare, peraltro in linea con i legali del Premier, ovvero che il lodo Alfano non introduce un’immunità ma garantisce il diritto di difesa delle massime cariche dello Stato, ma è senz’altro auspicabile che il legislatore, anche in ipotesi di bocciatura della legge, provveda a promulgarne una nuova in linea con le indicazioni della Corte Costituzionale che, almeno in due occasioni, ha esplicitato la necessità di una tutela delle più elevate cariche dello Stato, nel periodo di espletamento del loro mandato.