L’insostenibile pesantezza delle sanzioni – 4 febbraio 2016

I sanzionatori più penalizzati dei sanzionati.
Non si tratta di un astratto paradosso, bensì di quanto si è concretamente verificato in Italia, ed in particolar modo nella regione Marche, a seguito delle sanzioni inflitte alla Russia dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti per la discussa occupazione della Crimea.
Certamente la storia è incaricata di stabilire se le contestazioni mosse alla Russia siano fondate, come ritenuto da gran parte della comunità internazionale, ovvero se la Crimea abbia liberamente scelto, con il contestato referendum del 2014, di ritornare alle origini dopo che, nel lontano 1954, l’allora leader sovietico Nikita Krusciov la “regalò” all’Ucraina.
Sarebbe altresì interessante comprendere perché la comunità mondiale, dopo aver apportato un contributo decisivo per la crescita della Russia investendo nel 1998 per il tramite del Fondo Monetario Internazionale ben 11,2 miliardi di dollari, consentendo così la riduzione dei poveri dal 37% della popolazione nel 1999 al 15% nel 2010 (ultimo dato ufficializzato), voglia ora affossarla.
Ma ritornando alla questione centrale è necessario chiedersi, in primo luogo, quale sia l’essenza delle sanzioni economiche inflitte a Mosca, cioè a dire se il risultato che mediante le stesse si intendeva conseguire può dirsi effettivamente raggiunto.
I dati a disposizione inducono a ritenere il contrario, poiché la Russia per mitigare gli effetti delle sanzioni occidentali, ha implementato i rapporti commerciali con i nostri concorrenti asiatici, con una ricaduta negativa per il Vecchio Continente sia in termini di occupazione (si parla di circa due milioni di posti di lavoro a rischio), che di export di beni e servizi.
Non va certamente dimenticato, infatti, che la Russia, leader mondiale nell’agroalimentare e nel gas metano, era uno dei principali partner commerciali dell’Europa.
Al contempo, è palesemente inconsistente lo stanziamento di 125 milioni da parte della Ue a tutti i paesi membri a titolo di ristoro dei danni subiti a seguito del blocco dei rapporti commerciali con la Russia, posto che, con buona approssimazione, tale cifra costituisce una componente potenzialmente infinitesimale delle perdite effettive.
Per circoscrivere il discorso nell’ambito dei confini nazionali, si pensi che in Italia, secondo un’analisi di Confartigianato, nei primi mesi dello scorso anno le esportazioni sono aumentate del 4,1% ma, senza il blocco commerciale russo, si sarebbe registrato un tasso di crescita di circa il 5,4%.
Soltanto nelle Marche, la regione più colpita dall’effetto “boomerang” della crisi ucraina, ci sono stati danni per circa 77 miliardi di euro nel solo primo trimestre 2015. In pratica, più della metà dello stanziamento UE per tutti i paesi membri.
A questo punto, per tutelare la nostra economia ed i livelli occupazionali non resta che auspicare un superamento del sistema delle sanzioni, che sono quantomeno reciproche. Ne va della sopravvivenza delle nostre realtà imprenditoriali e dello stesso “Made in Italy”, un patrimonio che non sempre abbiamo dimostrato di saper custodire gelosamente.