La crisi di rappresentanza che affossa tutto il Paese – 27 aprile 2017 –

Il risultato del referendum Alitalia esprime paradigmaticamente la crisi di rappresentanza che coinvolge da tempo il nostro Paese e che verosimilmente tratteggia la causa principale del suo decadimento e la ragione per la quale oltre che declassato dalle società di rating lo si colloca nei bassifondi delle classifiche degli Stati dell’Eurozona.

Certamente è importante approfondire il merito della questione specifica, posto che riguarda la prima compagnia aerea italiana, e analizzare le ragioni che hanno indotto circa il 90% dei 12.500 lavoratori che hanno votato, ad esprimere netto dissenso al preaccordo che il 14 aprile scorso è stato sottoscritto tra l’azienda e i sindacati confederali con la benedizione del Governo.

Al netto delle decisioni di Alitalia, in primo luogo l’annunciato ricorso al Governo per la nomina di un amministratore straordinario, soltanto il tempo e la gestione della crisi potranno rivelarci quale sarà il futuro della compagnia aerea.

Tuttavia, seppure con il massimo riguardo per l’annosa vicenda Alitalia, il punto centrale della questione, evidenziata proprio da questo caso, e che interessa tutti noi, è la crisi dei principali corpi intermedi, vale a dire dei partiti politici e dei sindacati, che non costituiscono più il punto di incontro tra la società e lo Stato con conseguente sempre maggiore divaricazione degli stessi. Nel caso di Alitalia, nonostante i sindacati abbiano sostenuto che il preaccordo raggiunto sia stato una grande vittoria, e il Governo, in persona del Presidente del Consiglio e di autorevoli ministri, che non c’è una soluzione alternativa a quella preordinata dalla compagnia e sindacati, tali indicazioni sono state del tutto disattese. Un risultato che un tempo non era neanche ipotizzabile. A ben vedere, la crisi della rappresentanza riguarda la politica e l’organizzazione sindacale, quella prevista e tutelata dalla Costituzione, e non certo i sindacati oppure i partiti che continuano a dominare lo scenario. Basti considerare che è a loro esclusivo appannaggio la selezione del personale da eleggere, seppure attraverso competizioni elettorali alterate da regole illeggibili, oppure la designazione, diretta o indiretta, dei titolari degli incarichi pubblici. Per chi non è iscritto ad un partito o sindacato ovvero non risulta essere di una qualche “area”, come usa dirsi con una formula ipocrita che vorrebbe indicare una forma di affiliazione più blanda, vi sono poche probabilità di essere scelto. Oggi i partiti e i sindacati sono principalmente se non esclusivamente concentrati sul versante elettorale e hanno pressoché totalmente abbandonato la loro funzione rappresentativa ovvero quella che, per dirla con Edmund Burke, unisce un gruppo di persone al fine di promuovere il bene pubblico “in base a principi approvati da tutti”.

Tutto ciò ha determinato un sempre maggiore distacco dalla politica, attraverso una ridotta partecipazione che in qualche modo può tradursi come rassegnazione alla desistenza. Ma soprattutto ha provocato la rottura del Patto Sociale che inevitabilmente si è riflessa sul Parlamento ormai non più percepito come interlocutore della Sovranità Popolare. Lo stesso, d’altro canto, ha abdicato alle proprie funzioni essenziali. É paradossale, per esempio, che a fronte della mancata regolamentazione di alcune materie, come quelle ad alto tasso etico, si consideri per tutte il testamento biologico, vi sia una vera e propria bulimia legislativa per altre, con conseguente sovrapposizioni di leggi che non di rado sono contraddittorie e comunque di difficile interpretazione ed applicazione. Eppure il nostro legislatore ha ben presente la problematica, tant’è che nel lontano 2005 è intervenuto con una legge, ancora un’altra, la n. 246/2005 meglio nota come “taglialeggi”, proprio per semplificare, sfoltendola, l’impenetrabile giungla legislativa, salvo accorgersi, qualche anno dopo, che il taglio previsto era troppo incisivo e quindi emanare un’altra legge, la n. 179/2009 nominata “salvaleggi”.

É altamente probabile, per quanto non auspicabile, che anche la crisi Alitalia venga affidata alle cure dei giudici o che comunque si apra un contenzioso. Ma qual è il problema? Ormai siamo abituati, forse sarebbe meglio dire rassegnati, ad un ruolo di supplente o di sostituto della magistratura con buona pace del rispetto della separazione dei poteri, nonostante questo dovrebbe essere il cardine della nostra Costituzione.