Flussi migratori e le soluzioni integrate – 29 settembre 2016

É ragionevole supporre che, al netto di basse retoriche di tornaconto politico – elettorale, è pressoché unanime la convinzione che i flussi migratori, anche in ragione dell’ubicazione e della conformazione geografica del nostro Paese, siano inarrestabili.

Bisogna partire da questa consapevolezza, accettando la realtà di un riflusso continuo, per delineare un efficace sistema di regolamentazione e contenimento che conferisca analoga rilevanza sia alla politica dell’integrazione per i tanti che regolarmente vivono e lavorano in Italia, sia a quella di contrasto dell’immigrazione illegale. A ben vedere la soluzione della prima problematica potrebbe favorire la definizione dell’altra e comunque certamente incidere sui fenomeni terroristici che, come i drammatici e recenti attentati in Europa hanno dimostrato, sono stati compiuti da immigrati residenti anche di seconda generazione.

Ciò rende urgente la necessità di elaborare modelli di inclusione tali da consentire l’equilibrio tra la tutela dei principi fondamentali consolidati nel contesto di accoglienza ed il diritto dello straniero alla conservazione del proprio patrimonio culturale.

Non sempre le strategie adottate da paesi europei di immigrazione risalente hanno raggiunto l’obiettivo di una reale integrazione: sia il modello multiculturalista britannico che quello assimilazionista francese si prestano ad una serie di critiche in alcuni casi corroborate, tragicamente, dai fatti. Nel primo caso si è proceduto alla realizzazione di spazi dove sono state confinate fisicamente le comunità straniere, quasi ai limiti della segregazione. Nell’altro vi è stato un tentativo di integrazione che potremmo definire “imposto dall’alto”, che ha prodotto conseguenze ancora più gravi del primo.

Il processo di deculturazione che ha coinvolto gli immigrati francesi, principalmente nord-africani di fede musulmana provenienti dalle ex-colonie, si è riprodotto in una crisi di identità profonda delle seconde e terze generazioni, che si sono autopercepite escluse dalla partecipazione al dibattito pubblico al punto da sentirsi ancora più estranei dei loro genitori nel territorio in cui tuttavia formalmente risultano essere cittadini. Condizione che li ha spinti alla ricerca della loro identità originaria che in molti casi purtroppo hanno ritenuto di poter trovare nelle organizzazioni terroristiche neofondamentaliste.

I casi di Belgio e Francia impongono dunque una riflessione profonda che superi definitivamente la concezione del fenomeno migratorio come semplice “importazione”.

Quando la politica dell’integrazione è stata caratterizzata dalla pretesa di rinuncia alle identità di provenienza, la conseguenza è stata una forte avversione nei confronti dei paesi di accoglienza. Per questa ragione l’Italia è chiamata ad elaborare strategie e modelli di integrazione originali, che superino gli errori del passato e valorizzino le caratteristiche del territorio. L’immigrazione italiana è infatti protagonista di una certa dispersione territoriale che, seppur osteggiata e considerata spesso come la conseguenza di una mancanza di pianificazione, può essere convertita in un punto di forza, impedendo l’affermarsi di un modello insediativo a quartieri “monoetnici” e garantendo il dialogo e la reciproca permeabilità con il tessuto sociale d’accoglienza.

È in questa diffusione, dovuta alla velocità delle dinamiche innescate dalla pressione migratoria e alla diversificazione dei paesi di provenienza, che sta la chiave di un nuovo modello di integrazione, poiché è soltanto nella prossimità che si attiva quel processo di contaminazione e osmosi che garantisce una vera inclusione.

L’elasticità dei paradigmi di accettazione e soprattutto una concezione di identità culturale come processo dinamico aperto, configurano un modello di integrazione particolarmente adatto ad un ordinamento come il nostro che del diritto “alla differenza”, insito nei principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza, ha fatto uno dei suoi pilastri fin dall’inizio della sua storia.