La cultura del merito e quei test da ripensare – 22 settembre 2016

Nei giorni scorsi si sono svolte le temutissime prove d’ingresso per le facoltà “a numero chiuso”, vero e proprio incubo delle aspiranti matricole, in particolare di Medicina e Chirurgia, Veterinaria e Odontoiatria.

Per accedere a questi corsi di laurea è necessario il superamento di impegnativi test preselettivi che ogni anno precludono alla stragrande maggioranza degli studenti la possibilità di intraprendere il percorso di studi desiderato.

Quest’anno sono state più di ottantamila le domande per le prove di ammissione alle facoltà “ad accesso programmato”, delle quali all’incirca sessantamila soltanto per Medicina a fronte di 9.224 posti disponibili (peraltro, 306 in meno rispetto ai 9.530 della scorsa estate).

In pratica, mediamente sei aspiranti medici su sette devono rinunciare al camice bianco ancora prima di iniziare gli studi.

Dati che inducono molti a considerare la regolamentazione agli accessi universitari una modalità di selezione ingiusta, oltre che lesiva dell’inviolabile diritto allo studio riconosciuto dalla nostra Costituzione.

A rafforzare tale convinzione sono giunte, anche di recente, sentenze impropriamente ritenute “storiche” che dovrebbero, nella speranza di molti, essere il presupposto per sovvertire l’attuale sistema di accesso ai corsi. Ci si riferisce alle decisioni del Tar Lazio che, nei mesi scorsi, ha accolto il “maxi” ricorso presentato da circa 9 mila studenti che non avevano superato il discusso test di ingresso alla facoltà di Medicina nel 2014.

Ma a ben vedere i giudici amministrativi non hanno “bocciato” il sistema di accesso ai corsi a numero regolato, bensì semplicemente censurato talune irregolarità nello svolgimento delle prove che avrebbero determinato la violazione dell’anonimato e della segretezza delle stesse.

Quindi, neanche in questo caso, com’è avvenuto in precedenti sentenze di analogo tenore, è stata ritenuta illegittima la prassi del “numero chiuso” che resta pertanto l’unico sistema per regolare l’accesso a corsi di laurea che, per le intrinseche caratteristiche delle strutture universitarie, non possono purtroppo essere frequentati da un numero indefinito di studenti.

É vero che la nostra Costituzione garantisce a tutti la possibilità di raggiungere i più alti gradi degli studi, ma il riconoscimento di tale diritto non è pieno né incondizionato. Infatti l’articolo 34 della Carta, vale a dire la disposizione su cui fondano le pretese ragioni di incostituzionalità delle modalità di accesso regolato ai corsi universitari, dispone che “la scuola è aperta a tutti”, ma che solo “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.

Ciò significa che chi non è sufficientemente capace e meritevole, anche se dotato di mezzi economici adeguati, non può vantare alcun “diritto” a prestare il Giuramento di Ippocrate.

Ecco quindi che il vero problema non è la selezione in sé, traguardo ormai irrinunciabile per molte università, non soltanto per quelle del settore sanitario, ma la modalità con la quale viene effettuata che non dà certezza di garanzia nel valorizzare i più capaci e, al contempo, non impedisce che le regole possano essere aggirate da chi ha più possibilità o è più furbo di altri.

Emblematica, in proposito, è la proliferazione di studi legali che offrono, anche on line, assistenza e consulenza agli studenti che non hanno superato i test e di organismi pronti ad organizzare migrazioni di massa verso università estere, soprattutto dell’Europa dell’Est, per dribblare le prove d’ingresso alle facoltà a numero chiuso.

Le modalità di svolgimento dei test di ingresso sono certamente migliorabili e quindi dovrebbero essere modificate. Su questo non c’è dubbio. Prima di tutto, però, sarebbe auspicabile, a partire dalle scuole secondarie, sollecitare un mutamento culturale volto a farci acquisire la consapevolezza che alcuni sono più meritevoli di altri e che gli insuccessi che talvolta ci affliggono non necessariamente sono causati da imbrogli o irregolarità.