Divorzio breve, luci ed ombre di quando si dice addio – 30 aprile 2015 –

Lo scorso 22 aprile la Camera dei Deputati, a larghissima maggioranza (con 398 voti favorevoli, 28 contrari e 6 astenuti), ha definitivamente approvato la legge sul c.d. “divorzio breve”.
A distanza di oltre quarant’anni dall’introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto del divorzio o, più correttamente, della cessazione degli effetti civili del matrimonio, è dunque giunta una storica riforma (se di riforma in senso tecnico si può parlare) che, lungi dall’apparire unanimemente condivisa, ha riacceso vecchi e mai sopiti contrasti in materia di diritto di famiglia.
Se sino ad oggi, infatti, era necessario “attendere” almeno un triennio dalla data della separazione coniugale prima di invocare lo scioglimento del matrimonio, da ora o, per meglio dire, dall’entrata in vigore della nuova legge, sarà sufficiente un solo anno.
La riduzione dei tempi di attesa sarà ancora più marcata in ipotesi di procedimenti di natura “consensuale”, vale a dire in presenza di un accordo tra i coniugi che investe ogni aspetto della separazione; in questi casi, infatti, basteranno soltanto sei mesi per sciogliere definitivamente il rapporto matrimoniale.
Il termine, annuale o semestrale, decorrerà dall’udienza di comparizione dinanzi al presidente del tribunale e da quel momento i coniugi, di regola, sono autorizzati a vivere separati. Una delle novità della riforma , prevede che da questo momento scatta anche lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi.
Le nuove disposizioni si applicheranno anche ai procedimenti in corso, cosicchè il “divorzio breve” è da considerarsi ad ogni effetto già operativo ed efficace.
Se dal punto di vista tecnico e procedurale cambierà poco, sotto il profilo sostanziale il mutamento appare sin da ora rilevante.
Come gli operatori del diritto sanno bene, quando i coniugi sono fermamente determinati a dirsi addio, una separazione più rapida e più snella può certamente tradursi in una minore conflittualità e minori disagi.
Per chi è costretto a vivere un momento così delicato e doloroso della propria esistenza, infatti, l’imposizione di un lungo periodo di “attesa” prima del divorzio non solo è inutile, ma spesso anche controproducente, perché alimenta incomprensioni piuttosto che favorire il dialogo.
Ecco quindi che la promulgazione della nuova legge, per quanto positiva, rappresenta forse un’occasione mancata, in quanto permane ancora la necessità di promuovere un “doppio” giudizio (quello di separazione e, appunto, quello di divorzio) prima di giungere allo scioglimento del matrimonio, con conseguente duplicazione di costi ed occasioni di litigio.
La previsione, oltre al divorzio “breve”, di un divorzio consensuale “diretto”, limitato alle sole coppie senza figli o con figli maggiori di età, avrebbe rappresentato in tale prospettiva una scelta senz’altro condivisibile.