Sedifraghi arrendetevi mai più bugie all’amante – 22 dicembre 2016 –

Tempi duri per i fedifraghi. È la prima riflessione che induce una recente sentenza della Corte di Cassazione del 16 dicembre scorso, stabilendo che mentire all’amante è un reato.

Il caso riguarda un signore che pur essendo sposato e con prole, aveva fatto credere alla propria amante di essere scapolo e desideroso di condurla all’altare.

Certo, mai avrebbe potuto supporre il malcapitato che una bugia così diffusa al punto da essere percepita come di “ordinaria amministrazione”, avrebbe potuto causargli tali gravi conseguenze.

Al di là del tecnicismo della sentenza che ha qualificato il comportamento del mentitore penalmente rilevante in quanto si sarebbe concretizzato in una “sostituzione di persona”, non possiamo fingere che si tratti di una decisione che non abbia destato sorpresa essendo, tra l’altro, in controtendenza rispetto agli orientamenti legislativi e in un certo qual modo culturali, che negli ultimi tempi si stanno sempre più delineando nel nostro Paese.

Si consideri, per esempio, che ormai da anni l’obbligo di fedeltà dei coniugi non è più tale, nel senso che la sua violazione non può essere causa di addebito della separazione.

Forse proprio questo orientamento, recepito dai giudici della Cassazione, ha spinto alcuni parlamentari, peraltro rappresentativi di varie “anime politiche”, a presentare in Senato una proposta di legge per definitivamente seppellire l’obbligo di fedeltà nel matrimonio.

Concretamente non ci vorrebbe molto poiché con una piccola modifica all’articolo 143 del codice civile, si potrebbe arrivare a ciò che troppo enfaticamente i promotori del disegno di legge definiscono “rivoluzionario” dell’intero istituto del matrimonio.

D’altra parte come dimenticare che per le Unioni civili non sussiste alcun obbligo di fedeltà che pur essendo stato previsto nel testo originario della legge successivamente, a seguito dei numerosi e non di rado confusi compromessi ai quali si è dovuto fare ricorso per la sua promulgazione, è stato depennato nella versione definitiva, nel maldestro tentativo di distinguerle dal matrimonio ma, di fatto, conseguendo l’unico risultato di legalizzare le “scappatelle”.

Nonostante le palesi contraddizioni tra sentenze e leggi e di queste ultime tra di loro, non si tratta di un tema irrilevante, anche se semplicisticamente siamo tentati di relegarlo ai margini di questioni meritevoli di interesse istruttivo.

La pensa così, tra gli altri, Józef Tischnen, uno dei più importanti filosofi contemporanei, le cui ricerche affondano le radici nel pensiero di Martin Heidegger e Søren Kierkegaard, per il quale “nell’essere tradito da colui di cui ci si fidava incondizionatamente si può perdere tutto – soprattutto l’organo spirituale della fedeltà, la facoltà d’affidarsi”. Si tratta di una concezione antropologica per certi versi drammatica e comunque opposta ad altra che invece giunge sinanche all’elogio del tradimento.

Una visione quest’ultima meno superficiale di quanto possa apparire ad una prima valutazione, poiché partendo dalla inaccettabile follia degli omicidi passionali, tenta di sdrammatizzare gli effetti negativi del tradimento sul presupposto che l’amore non può essere vissuto come una nevrosi o, peggio ancora, come un sentimento di proprietà esclusiva di un’altra persona.

Quindi un argomento, quello del rapporto tra tradimento e fedeltà, che deve essere rivalutato nella sua effettiva notevole importanza e soprattutto considerando che trascende da quello specifico di coppia e ci proietta in una condizione sempre più frequentemente nichilista.

Nel recupero dei valori dobbiamo considerare che prima ancora che fedele o traditore la persona è libera ed è proprio dalla libertà che nasce la fedeltà; vale a dire l’impulso di mantenere la parola data ad un compagno o una compagna, ad un amico e, perché no, anche ad un partito. Una condizione tuttavia che non può essere imposta oppure esclusa per legge, ma soltanto dal sentimento di lealtà che appartiene a molti ma, evidentemente, non a tutti.