Il confine sottile tra diritto all’oblio e valore pubblico di una notizia – 15 dicembre 2016 –

Le vicende giudiziarie di particolare gravità, quelle che hanno suscitato molto clamore, non finiscono facilmente nel dimenticatoio.

Ne sa qualcosa un ex consigliere comunale che, di recente, si è visto negare dal Garante della Privacy il “diritto all’oblio” di una vicenda giudiziaria che lo ha coinvolto per corruzione e truffa risalente ad alcuni anni fa, successivamente conclusasi con una sentenza di patteggiamento.

Di fronte al rifiuto del gestore del motore di ricerca alla sua richiesta di “deindicizzazione”, l’ex politico si era rivolto all’Autorità Garante competente in materia, invocando la rimozione delle notizie che ancora associavano il suo nome all’indagine, sostenendo che le stesse fossero ormai prive di attualità, anche considerando che non rivestiva più alcun incarico pubblico.

La richiesta è stata tuttavia disattesa sul presupposto che, nel caso di specie, l’esercizio del “diritto all’oblio” incontra il limite della gravità dei reati e del poco tempo intercorso dalla definizione della vicenda giudiziaria.

In altri termini, il Garante ha ritenuto che il caso fosse ancora di piena attualità in quanto relativo ad inchieste giudiziarie inerenti a taluni reati che risultano essere reiteratamente commessi.

A prescindere dalla vicenda specifica, peraltro particolarmente articolata e quindi difficilmente riassumibile in poche battute, ciò che rileva è il Garante, nell’evidenziare la centralità di un bilanciamento tra la pretesa “all’oblio” e l’interesse pubblico a conoscere o, per meglio dire, “ricordare” la notizia, valori evidentemente antagonisti, sembra aver individuato il vero nodo della questione relativa alla pubblicazione di notizie in rete.

La circostanza non è di poco conto, poiché come anche i drammatici recenti casi di cronaca hanno dimostrato, l’esposizione pubblica, senza che nulla possa essere fatto per rimuoverla, di notizie che riguardano la nostra vita, può determinare delle conseguenze negative irreversibili.

Ogni istante che viviamo, come uno dei più illustri filosofi presocratici ci ha insegnato, non è mai uguale ad un altro, cosicché anche noi, fatalmente, finiamo per non essere mai più gli stessi da un tempo all’altro del nostro vissuto.

Ecco quindi che il diritto all’oblio, vale a dire il diritto di sottrarsi allo sguardo indesiderato del prossimo, che soltanto di recente, soprattutto con l’esponenziale informatizzazione e digitalizzazione delle nostre esistenze, ha gradualmente assunto una propria fisionomia e trovato un saldo ancoraggio ai principi costituzionali, integra certamente i presupposti di una tutela giuridica.

Contrariamente a quanto si potrebbe essere indotti a credere, tuttavia, tale diritto non è incondizionato.

La pretesa di “rimanere nell’ombra” non può, infatti, in nessun caso tradursi nel potere del singolo di proiettare una determinata immagine di sé, depurata dagli aspetti del proprio vissuto arbitrariamente ritenuti “negativi”.

In definitiva, non esiste un diritto assoluto “alla riappropriazione” di un’informazione presente in rete, per quanto lesiva della propria immagine personale, poiché l’interesse del singolo deve necessariamente essere bilanciato con quello “sociale” alla conoscibilità del dato e, quindi, con altri diritti meritevoli di altrettante tutele e garanzie, in primo luogo, quello di cronaca e della libera manifestazione del pensiero.

Il complesso rapporto tra queste situazioni, apparentemente inconciliabili, non può che trovare nell’attualità del dato e nell’oggettivo rilievo pubblico delle informazioni il proprio punto di equilibrio.

In altri termini, è sempre necessario verificare in concreto l’effettivo interesse all’oblio al fine di stabilire se lo stesso possa prevalere su quello pubblico alla notizia che non è (ovvero, non è più) concreto e rilevante.

Non si tratta, quindi, di auspicare indebite limitazioni alla libertà del web ma, molto più semplicemente, di concepire il progresso informatico e tecnologico come una risorsa e non un’afflizione per la collettività.