Quei numeri incoraggianti sull’occupazione giovanile – 13 ottobre 2016 –

Da un recente studio della Banca d’Italia giungono notizie incoraggianti sull’occupazione giovanile nelle Marche che, rispetto agli anni scorsi, segna un aumento; certo, siamo ben lontani dai livelli pre-crisi, vale a dire rispetto al 2007, ma tuttavia qualcosa si muove.

Un ulteriore dato positivo è rappresentato dall’aumento di 2.364 giovani che hanno deciso di immettersi nel mercato del lavoro, iscrivendosi alle liste di collocamento.

Si tratta di ex “scoraggiati”, ovvero dei “N.e.e.t.” (acronimo per l’inglese “Not in Education, Employment or Training”); una vera e propria ferita per il nostro Paese poiché riguarda giovani inattivi cronici che sono già ai margini del mercato del lavoro senza esservi, di fatto, mai entrati e che quindi hanno rinunciato a far valere la tutela di uno dei diritti più significativi della nostra Costituzione, quello al lavoro.

Per altri versi questo singolare fenomeno è in un certo qual modo analogo a quello per il quale un sempre più crescente numero di persone farebbe volentieri a meno di un contratto regolare e rinuncerebbe ai più elementari diritti, frutto di decenni di battaglie e conquiste, pur di reperire un impiego.

Sono entrambi segnali paradigmatici di un disagio sociale e la conferma che l’Italia non è un Paese per giovani.

D’altra parte il tasso medio di disoccupazione giovanile oscilla ormai stabilmente, con buona approssimazione, tra il 35% il 40%.

In termini assoluti, riescono a fare peggio di noi, nell’area Ocse, solo Spagna e Grecia, dove i tassi di disoccupazione giovanile si attestano rispettivamente al 48,3% e al 49,8%.

Lo sconfortante contesto induce a domandarsi se il lavoro può ancora essere considerato il fondamento della nostra Repubblica, come recita l’articolo 1 della Costituzione, o piuttosto un traguardo da raggiungere ad ogni costo, sacrificando diritti e tutele. Pur di avere o mantenere un impiego, secondo una recente indagine condotta da Acli Roma e dalla Cisl di Roma e Rieti, il 28,2% dei giovani direbbe addio ai giorni di malattia, il 26,6% alle ferie e l’11,1% farebbe a meno anche della maternità.

Certo, l’indagine è riferita alla popolazione giovanile della Capitale, ma verosimilmente rispecchia la condizione dell’intero territorio nazionale.

Uno scenario quello odierno che, per certi versi, ricorda quello dell’immediato dopoguerra e dei decenni successivi, allorquando per avere un lavoro molti erano pronti a rinunciare a un diritto fondamentale come la sicurezza se non addirittura alla salute, tant’è che nel bilanciamento tra la tutela del benessere psico-fisico della collettività e l’occupazione era questa a prevalere, come documentano i numerosi insediamenti industriali altamente inquinanti realizzati, anche nella nostra Regione, all’interno dei centri urbani che ancora oggi si ha la possibilità di vedere anche se, fortunatamente, si tratta di industrie che hanno dismesso la loro attività, seppur lasciandoci una pesante eredità di inquinamento nelle aree occupate.

Le ragioni della difficoltà di creare nuovo lavoro sono evidentemente varie e tra esse particolarmente rilevante è la riduzione dell’offerta. I posti lasciati liberi dai pensionati, per esempio, non vengono rimpiazzati e le imprese fanno di tutto per mantenere lo stesso livello di produttività con i dipendenti già in organico.

A ciò si aggiunga che l’elevato e talvolta insopportabile costo del lavoro costituisce un deterrente alla sua implementazione. Ma l’elemento forse più importante ai fini dello sviluppo dell’occupazione è la formazione professionale che, purtroppo, in Italia non è adeguatamente presa in considerazione. Eppure, analizzandola attentamente, la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, più che dalla crisi è dovuta al divario tra le competenze richieste e quelle disponibili che per lo più sono rappresentate dal bagaglio scolastico chiaramente insufficiente e comunque distante dal mondo del lavoro.

La chiave di volta quindi, in un mercato globale in cui le nuove tecnologie impongono livelli professionali sempre più elevati, è investire ogni risorsa disponibile proprio nella formazione.