Non va in fumo il risarcimento danni – 4 febbraio 2010 –

La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con un provvedimento destinato a rappresentare uno scomodo precedente per i produttori e distributori di sigarette, ha di recente stabilito per la prima volta che i tabacchi, in ragione della “loro composizione bio-chimica e per la valutazione data dall’ordinamento”, contengono “una potenziale carica nociva per la salute” tale da giustificare, ove venissero cagionati danni riconducibili alla loro fabbricazione e commercializzazione, il ricorso a una forma responsabilità civile “aggravata” o, per meglio dire, di natura “oggettiva” per l’esercizio di attività pericolose.

Il caso in oggetto origina dall’impugnazione presentata da una multinazionale del tabacco avverso una sentenza emessa dall’Ufficio del Giudice di Pace di Napoli, chiamato a pronunciarsi in merito a una richiesta di risarcimento danni presentata da un accanito fumatore che si doleva di aver in sostanza raddoppiato il consumo di tabacchi nell’erronea convinzione, indotta dalla pubblicità ingannevole posta in essere dalla società convenuta, che le sigarette “light”, contrariamente a quelle comuni, non rappresentassero una reale minaccia per le proprie condizioni di salute.

Il giudice partenopeo, ritenendo che la produzione e la vendita di sigarette potessero integrare gli estremi di un’attività pericolosa, condannava conseguentemente la convenuta al risarcimento dei danni cagionati dalla propria condotta illecita.

Lo storico principio sancito da questa pronuncia è stato poi recepito anche dalla Corte di Legittimità che, con sentenza n. 26516 dello scorso dicembre, pur censurando l’impugnato provvedimento in quanto affetto da nullità per vizio di ultrapetizione, ha confermato la tesi propugnata dal primo giudice in ordine all’intrinseca rischiosità dell’attività di produzione e distribuzione di tabacchi, ampliando così l’ambito applicativo della norma dettata dall’articolo 2050 c.c.

Da un simile riconoscimento, finora negato dalla giurisprudenza di merito che sul punto si è formata, derivano conseguenze significative sia dal punto di vista sostanziale che da quello processuale. Ove venissero cagionati danni in occasione dello svolgimento di quelle attività qualificate come “pericolose”, infatti, il danneggiante sarà ritenuto direttamente responsabile dell’illecito prodotto qualora non dovesse riuscire a fornire piena prova “di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno”.

L’importanza e la portata della decisione in oggetto appaiono di tutta evidenza.

Per la prima volta, sulla scorta di numerosi indici normativi già previsti dal nostro ordinamento, il giudizio di “pericolosità” ex art. 2050 c.c. è stato esteso a tal punto da ricomprendere l’attività di fabbricazione e commercializzazione di sigarette, con effetti che – per ragioni evidentemente antitetiche – si preannunciano sin da ora tutt’altro che secondari sia per i consumatori che per le multinazionali del tabacco.