Le occupazioni abusive e la legalità da difendere – 14 dicembre 2017 –

Ha suscitato considerevole stupore una recente sentenza con la quale il Tribunale Civile di Roma ha condannato il Ministero dell’Interno a risarcire il danno causato ad una società proprietaria di uno stabile abusivamente occupato.

Più nel dettaglio la condanna è stata determinata in ragione del lamentato mancato sgombero  da parte dell’Amministrazione dell’immobile illegittimamente occupato da alcune centinaia di persone, nonostante in tal senso avesse dato indicazioni l’autorità giudiziaria.

Al di là del contenuto squisitamente tecnico, si tratta di una decisione senza dubbio di notevole rilievo per varie ragioni. Innanzitutto per gli importi in ballo, posto che la condanna prevede il pagamento di 266.000 euro con interessi e rivalutazioni per ogni mese di ritardo nella liberazione dell’immobile a partire da settembre 2014, una cifra che già oggi supera i 10 milioni di euro. Inoltre la sentenza, indubbiamente senza precedenti, si incunea direttamente in un fenomeno, quello della dilagante occupazione abusiva, che ormai da anni desta sempre più allarme sul piano della sicurezza e dell’ordine pubblico, oltre che, forse principalmente, su quello della violazione del diritto di proprietà.

Tanto per dare un’idea, secondo i dati riferiti da Confedilizia, a Roma gli edifici illegalmente occupati sono 101, con 11.600 occupanti anche se, è bene sottolinearlo, gli abusi di questo tipo nel nostro Paese riguardano molte città e non soltanto la Capitale.

Per altri versi dobbiamo anche considerare le ipotesi, tutt’altro che rare, nelle quali l’occupazione senza titolo si configura a seguito di sfratto per morosità allorquando non riuscendo a liberare l’immobile dall’ex inquilino, quest’ultimo continua a detenerlo pur senza averne più diritto.

Si tratta di situazioni talvolta particolarmente violente poiché riferite a seconde case che vengono sottratte ai legittimi proprietari che le hanno acquistate con grandi sacrifici, con la precipua finalità di destinarle a fonte di reddito della famiglia o per la tutela di eventuali necessità legate ad imprevisti della stessa.

Una condizione, quindi, non più tollerabile che, peraltro, come è ampiamente documentato, alimenta organizzazioni malavitose che hanno fatto delle case abusivamente occupabili un vero e proprio business.

D’altra parte supporre che si possa procedere ad uno sgombero forzato solo nei casi in cui, com’è accaduto sempre a Roma per il “palazzone” di Via Curtatone, vi siano comprovate ragioni igienico – sanitarie o di pericolo grave per i cittadini, appare una soluzione non in linea con i principi di legalità sanciti dalla nostra Carta Costituzionale.

È in questo contesto che si inserisce la recente sentenza del Tribunale Civile di Roma che nel bilanciamento tra ordine, pubblica sicurezza e tutela del diritto della proprietà privata, ha ritenuto che, di massima, debba essere preservata quest’ultima, soprattutto quando la sua compressione comporti anche delle responsabilità penali.

Ed è proprio questo ultimo punto una delle questioni da prendere in considerazione poiché per quanto si possa avere piena consapevolezza che l’inasprimento delle pene non costituisce di per sé un’efficace deterrente, non possiamo dimenticare che per il reato di “invasione di terreni o edifici” la sanzione, nella generalità dei casi, non è propriamente severa essendo possibile contenerla in una semplice multa di qualche centinaia di euro.

Chissà che la sentenza del Tribunale di Roma, peraltro prontamente appellata dal Ministero dell’Interno, non costituisca un valido presupposto utile ad indurre ad un approdo legislativo che effettivamente affronti il problema dell’emergenza abitativa, tenendo ferma la barra sulla rotta della legalità e quindi impedendo che i reati vengano commessi e, ove ciò malauguratamente dovesse comunque accadere, sanzionare adeguatamente e proporzionalmente alla gravità degli stessi gli autori.