La sfida: garantire l’ordine pubblico senza rinunciare alle libertà – 26 novembre 2015 –

I barbari e vili attentati terroristici che hanno insanguinato Parigi, città multiculturale sinonimo di civiltà e libertà, ci hanno sconvolto.
Oltre alla violenza degli attacchi, ciò che ha colpito maggiormente è l’assoluta mancanza di un obiettivo specifico da parte dei terroristi, evidentemente determinati a colpire “nel mucchio” la folla indistinta, portando così il terrore nelle strade e più in generale in ogni luogo di svago. Gli attacchi nella Ville Lumière ci hanno fatto prendere coscienza di una nuova strategia del terrore volta a stravolgere abitudini e stili di vita. In altre parole, le nostre libertà.
Le successive reazioni dell’Esecutivo francese sono state ferme e determinate, anche al fine di prevenire altri atti terroristici.
Non si è fatta attendere nemmeno la risposta da parte degli altri Paesi Ue posto che, con ogni probabilità, entro fine anno dovrebbe essere attuata una revisione dell’accordo di Schengen che tuttavia la Francia ha già in parte sospeso.
Per quanto incisive, queste non sarebbero, peraltro, le uniche misure “straordinarie” varate contro il terrorismo.
Il Presidente francese François Hollande nei giorni scorsi ha parlato apertamente, come anche altri leader europei, dell’opportunità di ridurre le libertà personali di ognuno per evitare che simili episodi si possano ripetere.
In Belgio, ove è sorta nei giorni scorsi la necessità di fronteggiare un’allerta massima, è già scattato perfino un coprifuoco e le immagini delle strade deserte e militarizzate della capitale Bruxelles, che hanno fatto il giro del mondo, ben rappresentano il clima di tensione che si vive in Europa.
Come è già più volte accaduto in passato, gli atti eversivi e terroristici tendono a determinare in coloro che hanno responsabilità di governo un’istintiva reazione repressiva, che di regola produce una regressione sul piano delle garanzie individuali.
Si tratta di un riflesso quasi condizionato, come la storia ci insegna, che però contraddice i principi e le basi stesse di un ordinamento democratico.
Ecco quindi che se da un lato è chiara ed improrogabile la necessità di attuare subito provvedimenti e controlli adeguati alla portata del rischio terroristico, soprattutto implementando forme di cooperazione internazione, dall’altro è parimenti evidente che la risposta statale all’attacco alla nostra libertà non può essere la riduzione o sospensione a tempo indeterminato dei diritti individuali del cittadino.
L’esigenza di garantire l’ordine pubblico senza rinunciare alle libertà che in Europa abbiamo conquistato con fatica nel corso della nostra storia, estendendo diritti a chi non ne ha piuttosto che limitare quelli già esistenti, è certamente la sfida più importante che ci attende nel prossimo futuro.
La tutela dei nostri valori non può implicare in alcun modo la negazione degli stessi, quanto piuttosto la loro implementazione attraverso un impegno culturale più incidente volto a diffonderli e la volontà netta di proseguire nel nostro cammino.