La rinuncia evidente allo status di cittadino – 27 ottobre 2016

A circa un mese dal referendum del 4 dicembre prossimo, siamo già entrati nel vivo della campagna elettorale che vede contrapposti il fronte del sì e quello del no che nei sondaggi, pressoché sfornati giornalmente, sono più o meno appaiati in un testa a testa che appassiona come una corsa di cavalli al trotto ai tempi di Varenne e Ribot. Ovviamente ci si riferisce a chi segue la questione, a coloro cioè che sono travolti dal furore referendario. Già, ma quanti sono? É proprio questo il punto sul quale i sondaggi con tutto il loro carico di volatilità, sono in linea nel rilevare che gli italiani non si appassionano al tema. Pochi, vale a dire un elettore su dieci conosce il dettaglio della riforma e, più o meno una percentuale dell’otto per cento, non sa nemmeno che si vota. Basta seguire una delle tante interviste televisive o radiofoniche, per verificare l’ostentata indifferenza degli interpellati su questioni non propriamente secondarie come il cambiamento del profilo parlamentare oppure le competenze tra lo Stato e le Regioni. Certo il sempre più marcato disinteresse per la politica in generale e il tecnicismo dei requisiti referendari in particolare, contribuiscono ad alimentare il rilevato astensionismo che, a proposito di sondaggi, oggi si aggira intorno al cinquanta per cento. Il mancato coinvolgimento degli italiani è anche dovuto alla diffusa convinzione che le tematiche referendarie non li riguarda da vicino e tutto sommato, comunque vada, la loro vita non cambierà. Esattamente il contrario di ciò che è avvenuto con l’ultimo referendum del 2011 su acqua pubblica e nucleare, quando invece con una scelta che sulla distanza non si è rivelata particolarmente felice, vi è stata un’ampia partecipazione elettorale. La questione, tuttavia, è di grande rilievo e, come è noto, non riguarda soltanto il referendum prossimo. Nelle ultime elezioni amministrative, per esempio, al ballottaggio vi è stata una affluenza al di sotto del cinquanta per cento. Possiamo dire che da tempo, quasi un italiano su tre non esercita il proprio diritto al voto.

In altri termini è come se vi fosse stata una sorta di abdicazione allo status di cittadino, vale a dire alla partecipazione attiva alla vita ed al progresso dello Stato.

Si ravvisa sempre più la necessità, per alcuni versi l’urgenza, che tutti i cittadini acquisiscano maggiore consapevolezza della loro titolarità di un diritto straordinariamente importante, al punto da essere costituzionalmente ritenuto inviolabile, ovvero quello di partecipare con il proprio voto alle consultazioni elettorali.

A ben vedere si tratta anche di un “dovere civico”, come ci indica l’articolo 48 della nostra Carta Costituzionale, cosa che pur non costituendo un vero e proprio obbligo per il cittadino di presentarsi alle urne, è pur sempre una facoltà che, ove esercitata, influenza la determinazione della politica nazionale, vale a dire quel complesso di programmi ed obiettivi del Governo del Paese.

Il peso del c.d. “partito dell’astensione”, il vero “vincitore” nelle tornate elettorali degli ultimi anni, dimostra che ormai la scelta di non andare a votare da parte di molti cittadini non può essere più considerata occasionale, né tantomeno casuale.

Il fenomeno andrebbe in realtà studiato a fondo e contrastato con ogni mezzo ed  in questo, un ruolo importante è quello dei mezzi di comunicazione chiamati ad un’attività informativa, il cui interesse pubblico ne giustifica appieno la diffusione nel rispetto di un’obiettiva utilizzazione degli strumenti disponibili.

Ma anche la scuola, vale a dire il luogo di formazione per eccellenza delle future classi dirigenziali, non può sottrarsi dal delineare un percorso di valorizzazione dei principi e diritti costituzionali, tra i quali quello al voto.

La cultura è il più incisivo tra gli strumenti capaci di liberarci dalla radicata indifferenza partecipativa alle sorti della collettività, per la quale tutti abbiamo il dovere di mobilitarci per affermarne la crescita, scevri da pregiudizialità ideologiche e politiche.