Dopo Ferrara la sentenza bis che smonta il Salva – banche – 23 novembre 2017 –

Non possiamo certo dimenticare i toni alquanto trionfalistici con i quali nell’ormai lontano novembre 2015 il Governo annunciava il decreto legge per il salvataggio delle famose quattro banche, tra le quali anche Banca Marche.

Con il via libera del Consiglio dei Ministri si sosteneva potesse essere data continuità all’attività creditizia, ai rapporti di lavoro degli istituti bancari coinvolti e, al contempo, tutelare i correntisti.

Il decreto legge “salva banche” non contemplava alcuna forma di finanziamento pubblico, nel mentre prevedeva la costituzione di “banche – ponte”, cioè nuovi istituti che si sarebbero occupati, come in realtà è avvenuto, della prosecuzione delle attività, mentre quelli vecchi, vale a dire le banche indebitate, venivano poste in procedura di risoluzione con buona pace dei risparmiatori che, infatti, sin da subito, non hanno mancato di rappresentare il loro disappunto.

Inutile nascondere che il provvedimento “salva banche” del 2015 presentava dei punti poco chiari sui quali, nonostante siano state date numerose assicurazioni di riesame, ad oggi non è intervenuto nessun provvedimento legislativo chiarificatore o più semplicemente esplicativo.

La questione centrale del dibattito, come si sa, riguarda il rimborso dei tanti risparmiatori truffati, molti dei quali avevano fatto affidamento sulla loro banca di fiducia, al punto di depositarvi ogni risparmio.

Successivamente, seppure dopo non poco tempo, sono stati istituiti presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione dei collegi arbitrali per risarcire i risparmiatori danneggiati i quali, se interessati, avrebbero dovuto presentare una formale richiesta di rimborso entro l’11 novembre scorso.

Tuttavia la complessa dinamica delle procedure potrebbe tradursi in una sorta di trappola poiché chi ha deciso, come si vedrà non pochi, di fare ricorso all’arbitrato ANAC, non potrà promuovere un procedimento ordinario, rivolgendosi ai tribunali di riferimento, né tantomeno costituirsi parte civile nei vari procedimenti penali incardinati nei confronti degli ex amministratori.

Ad oggi, dopo la chiusura del termine utile per la loro presentazione, le istanze di ristoro presentate al collegio arbitrale sono 1.695, per un totale di 79,4 milioni di euro. Domande molto diversificate, soprattutto dal punto di vista quantitativo poiché alcune di loro sono di un valore poco superiore ai 500 euro ed altre sfiorano i due milioni di euro.

In questo variegato scenario, all’interno del quale si sono consumate delle tragedie, con persone che sono giunte sinanche a togliersi la vita per il danno subìto, da alcuni giorni sono entrate in campo delle inaspettate sentenze che aprono una ulteriore via per il risarcimento degli azionisti e obbligazionisti coinvolti nella risoluzione delle quattro banche, i quali possono far valere le proprie ragioni anche nei confronti delle “banche ponte”.

La prima delle sentenze in questione che senza eccessiva enfasi potremmo definire storica, è del Tribunale civile di Ferrara, con la quale è stato stabilito che i risparmiatori che hanno subito perdite in conseguenza del crack dell’istituto estense potranno essere risarciti anche dalla Nuova Cassa, cioè dall’istituto ponte che si fonderà con la Banca Popolare dell’Emilia Romagna.

Ancora più di recente, pochi giorni fa, il Tribunale di Milano ha assunto una decisione analoga stabilendo che la Nuova Banca Marche, in seguito trasformata in Banca Adriatica e infine rilevata da Ubi Banca, è tenuta al risarcimento del danno subìto dagli azionisti.

Una strada, questa ultima, tracciata dalle sentenze in questione, che apre delle prospettive più ottimistiche, posto che agire nei confronti degli ex amministratori non avrebbe verosimilmente prodotto dei risultati considerando le rilevanti cifre in ballo.

Le sentenze del Tribunale di Ferrara e soprattutto del Tribunale di Milano, la cui autorevolezza in materia bancaria è universalmente riconosciuta, appaiono strutturalmente solide cosicché si può supporre che vi possa essere una loro tenuta anche in sede di eventuali, per quanto piuttosto probabili, appelli.

Resta da capire quale sarà la sorte dei tanti che si sono rivolti al collegio arbitrale dell’ANAC, considerando che lo stesso dovrà decidere sulla base della sola documentazione acquisita, che in molti casi potrebbe risultare insufficiente a documentare appieno le ragioni degli interessati.

Chissà che non sia finalmente giunto il tempo, anche sull’onda delle recenti sentenze di Ferrara e Milano, che il legislatore allarghi le maglie dei rimborsi a favore di chi effettivamente è legittimato a riceverli, svincolandoli da cavilli burocratici e formalistici.