Coscienza e consumi – 28 agosto 2009 –

Anche per i più scettici non residuano dubbi sulla effettiva sussistenza della crisi economica che, con varie intensità, attraversa tutto il globo. Del pari è pressoché unanime l’opinione sulla gravità della stessa, al punto che autorevoli economisti non esitano a qualificarla come la peggiore mai esistita. Non mancano analisi di indubbia valenza qualitativa, volte ad indirizzare le politiche governative quantomeno dei paesi più direttamente colpiti, tra i quali figura, purtroppo tra i primi, il nostro.

E’ legittimo dissentire nel merito dei provvedimenti legislativi che reiteratamente vengono assunti, anche se è di tutta evidenza che gli stessi hanno avuto e avranno sempre più un ruolo incidente prevalentemente sotto il profilo finanziario: il congelamento dei debiti per un anno alle imprese in bonis e la rimodulazione delle regole sul massimo scoperto bancario sono alcune, forse tra le più rilevanti, questioni inerenti l’accordo raggiunto tra il Governo, l’Abi e le principali associazioni di categoria (Confesercenti, Cna, Confcommercio, Confartigianato) contenute nella manovra anti-crisi che entrerà in vigore a settembre.

Ma il punto centrale della questione è tutt’altro che risolto. Ad oggi, non è dato di conoscere le cause che hanno determinato la crisi economica. La questione non è certamente secondaria, poiché costituisce l’elemento di base sul quale costruire la rinascita. Verosimilmente la difficoltà dell’analisi è resa ancora più complessa dalla pluralità di elementi causali concorrenti, che delineano la chiusura di un ciclo storico, caratterizzato dalla “velocità”: il consumo spasmodico di beni e di idee senza sapere né volere attendere l’effettiva consunzione dei primi e la naturale evoluzione analitica delle seconde. L’invalsa attitudine consumistica impedisce la proiezione futura delle iniziative sociali e legislative, effettivamente varate oltre che annunciate, ma con una portata applicativa molto contenuta. Si potrebbero fare in proposito molti esempi, ma quello relativo al clima è emblematico: la consapevolezza e l’urgenza di attuare una piena tutela ambientale non ha impedito ai grandi della terra, come è stato confermato nella riunione dell’ultimo G8, di differire di decenni l’attuazione di decisioni da tempo inderogabili, quali – ad esempio – l’immediata riduzione di immissione di sostanze nocive. In sintesi si propende smaccatamente per la ripresa dei consumi quale attività prodromica all’attivazione dell’economia, piuttosto che conferire agli stessi una innovativa valenza culturale che consenta il superamento dell’attuale inconsistente esibizione “competitiva” del fenomeno.

Affrontare adeguatamente la crisi con realistiche finalità solutorie, significa assecondare le istanze solidaristiche che la nostra coscienza ci indica, ma al contempo prendere atto che è definitivamente tramontato il modello del consumo che, a partire dagli anni venti, dagli Stati Uniti si è sempre più diffuso fino a livelli non più controllabili.