Omicidio stradale e responsabilità – 23 giugno 2016

É un dato pressoché inconfutabile che l’introduzione nel nostro Ordinamento giuridico del reato di omicidio stradale, rappresenti la maggiore novità in materia di circolazione dei veicoli.

D’altra parte i ripetuti drammatici resoconti delle tragedie che, purtroppo, si consumano sulle nostre strade (sono stati 146 nel solo anno 2015 i morti riconducibili a episodi di pirateria stradale, con un incremento del 22% sul 2014) impongono l’adozione di ogni strumento legislativo utile se non a evitarle definitivamente, quantomeno a ridurle in modo significativo.

Tuttavia, tra il dire e il fare c’è di mezzo, nel caso di una legge, la sua interpretazione e applicazione.

Quando lo scorso 2 marzo il Senato, con una larga maggioranza, ha approvato in via definitiva i reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali, certo non si poteva supporre che la legge, pressoché unanimemente attesa ed invocata, potesse approdare ad una interpretazione più estensiva, sotto il profilo della sicurezza, di quanto avesse previsto lo stesso legislatore.

Infatti, la nuova legge e soprattutto la circolare ministeriale esplicativa, recentemente emanata dal Ministero dell’Interno e trasmessa alle prefetture, questure, Carabinieri e Guardia di Finanza, ampliano la platea dei punibili, stabilendo che il reato “ricorre in tutti i casi di omicidio che si sono consumati sulle strade…anche se il responsabile non è un conducente di veicoli”.

In altre parole, richiamando le disposizioni del codice della strada in vigore, ed in particolare l’articolo 14 che individua i poteri ed i compiti degli enti proprietari delle strade, si è inteso precisare che la nuova tipologia di reato sanziona anche comportamenti omissivi della tutela della sicurezza stradale relativi alla manutenzione e costruzione delle strade e dei veicoli.

Com’è noto, nel nostro Paese gli enti proprietari delle strade sono oltre allo Stato, le Regioni ed i Comuni, anche le società private concessionarie delle autostrade che, in quanto tali, sono obbligate alla loro manutenzione, efficienza e sicurezza.

Ecco quindi che per non incappare in seri guai giudiziari (si ricorda che il reato in questione prevede una reclusione da due a sette anni, salvo addebito di aggravanti), tutti gli interessati all’obbligo di curare le strade e i costruttori di automobili dovranno necessariamente intensificare il loro operato ed assumere una gestione evidentemente di gran lunga più efficace rispetto a quella attuale.

Tuttavia, l’eventualità di un riassetto strutturale dell’intera rete stradale ed autostradale italiana, non si poteva certo supporre dovesse essere espletata con urgenza a seguito dell’emanazione della nuova legge sul reato di omicidio stradale, tant’è che non risulta essere stato approntato un adeguato stanziamento di fondi con tali finalità.

A questo punto le soluzioni potrebbero essere: quella classica italiana della revoca o quantomeno della sospensione dell’efficacia legislativa nei confronti di soggetti diversi da conducenti, oppure, come sarebbe auspicabile, investire seriamente sulla riqualificazione della rete stradale cominciando, per esempio, con a destinare a tale scopo l’ingente ricavato delle contravvenzioni, come peraltro la legge già prevede.