Non si torni indietro sui diritti già acquisiti – 21 luglio 2016

Ancora una volta la Francia è stata barbaramente insanguinata da un attacco terroristico.
Anche in questo caso, come già avvenuto in occasione degli attentati al quotidiano satirico Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015 e delle stragi parigine del 13 novembre 2015, più che colpire un luogo simbolico la volontà degli attentatori è stata di provocare il terrore nelle strade, nei ristoranti, nei teatri e nei luoghi di svago e divertimento che ognuno di noi potrebbe frequentare.
I fatti di Nizza hanno confermato una nuova strategia del terrore volta a colpire “nel mucchio” la folla indistinta sconvolgendo la quotidianità, le abitudini e lo stile di vita di ognuno.
Le iniziative assunte dopo gli attacchi parigini dello scorso anno dall’Esecutivo Francese, al pari di altri Paesi Ue, non sono risultate risolutive ed anzi talvolta gli esiti conseguiti sono stati opposti rispetto a quelli perseguiti, al punto che sarebbe opportuno riflettere attentamente se in concreto potrà risultare utile revisionare l’accordo di Schengen, peraltro già momentaneamente sospeso in via eccezionale dalla Francia.
Al pari, poco convincenti appaiono le dichiarazioni del Presidente francese François Hollande sulla possibilità di valutare restrizioni alle libertà personali come mezzo necessario per combattere la guerra al terrore. Infatti, come dimostra l’esperienza belga, quando per fronteggiare un’allerta massima si arriva a far scattare persino il coprifuoco, la principale conseguenza è atterrire e frustrare lo stato d’animo delle persone.
Si può comprendere che gli atti eversivi e terroristici determinano in chi ha responsabilità di governo un’istintiva reazione repressiva, tuttavia bisogna mettere in conto che la stessa è sistematicamente produttiva di una regressione sul piano delle garanzie individuali. D’altra parte, una maggiore libertà di azione della forza pubblica produce inevitabilmente una contrazione delle garanzie del cittadino con conseguente negazione dei principi fondanti di un ordinamento democratico.
Oggi, ancora più che per il passato, l’assenza di una definizione unitaria del concetto di terrorismo impedisce un effettivo contrasto allo stesso.
Gli ultimi attentati contraddicono le origini del fenomeno terroristico dietro il quale vi sono sempre ragioni eversive sorrette da motivazioni ideologiche, religiose o politiche che lo differenziano dai comuni comportamenti criminosi determinati da finalità personali volte al conseguimento di guadagni.
Risultando poco convincente l’ormai diffusa teoria della rapida radicalizzazione dei terroristi islamici, vale a dire sostenere, come nel caso del criminale di Nizza che in poco tempo si sarebbe trasformato da miscredente con precedenti di reati comuni, tutt’altro che osservante dei principi e delle regole della religione musulmana, in un vero e proprio fondamentalista, appare evidente che gli stessi vogliono annientare la realtà in cui vivono in modo spietato e violento, esprimendo un odio alimentato dall’emarginazione.
Si tratta di una forma di nichilismo terrorista come documentato dalle biografie dei vari Mohamed Bohulel in cui non c’è nessun rispetto per la vita umana, a partire da quella propria.
Ecco quindi che se da un lato è chiara ed improrogabile la necessità di attuare provvedimenti efficaci ed adeguati alla portata del rischio terroristico, dall’altro è parimenti evidente che la tutela della nostra sicurezza non può implicare soltanto la riduzione o sospensione a tempo indeterminato delle libertà individuali.
L’esigenza di garantire sicurezza senza rinunciare ai diritti che abbiamo duramente conquistato nel corso della nostra storia più o meno recente è un obiettivo decisivo che può e deve essere conseguito senza negare i valori che hanno ispirato la nostra civiltà e acquisendo piena consapevolezza che per combattere il terrorismo la prima arma è la drastica riduzione delle disuguaglianze e dello strapotere del dominio economico.