Il prezzo delle mediazioni sul testamento biologico – 21 dicembre 2017 –

Dopo lunghi anni di attesa finalmente alcuni giorni fa, precisamente il 14 dicembre scorso, il Senato ha approvato in via definitiva il disegno di legge recante le norme in materia di “Testamento Biologico”. Anche se, dal punto di vista più propriamente tecnico, dovremmo parlare di “legge che disciplina il consenso informato e introduce le disposizioni anticipate di trattamento”. Senza dubbio alcuno stiamo parlando di un traguardo di non poco conto per quanto, come spesso accade in questi casi nei quali la meta legislativa viene raggiunta dopo difficoltose mediazioni, il risultato non è propriamente quello sperato quanto piuttosto una sorta di compromesso al ribasso. Nello specifico, le DAT (Disposizioni anticipate di trattamento) prevedono che ogni persona nel pieno delle capacità di intendere e di volere possa esprimere la propria preventiva volontà di rifiutare eventuali trattamenti sanitari in caso di una malaugurata futura incapacità di autodeterminarsi, dopo aver acquisito ogni utile informazione medica sulle conseguenze della propria scelta. E’ alquanto agevole cogliere, sin da subito, una evidente contraddizione posto che, salvo futuri aggiustamenti ovvero adeguate interpretazioni legislative, all’interessato viene richiesto di esprimersi in punto a circostanze che egli non può valutare anticipatamente.

Dal punto di vista più propriamente regolamentare, uno degli aspetti, se così si può dire, innovativi della legge è la rimodulazione del concetto di  “consenso informato” che diventa ancora più significativamente un caposaldo di tutela poiché riconosce ad ognuno il pieno diritto di essere aggiornato, sinanche nel dettaglio, sulle proprie condizioni di salute e di essere informato con modalità comprensibili della prognosi oltre che dei benefici e rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari, nonché delle conseguenze del rifiuto di cure oppure della rinuncia di quelle in corso.

Il consenso deve essere documentato in forma scritta o attraverso delle videoregistrazioni. Per altri versi il medico, esentato da qualsivoglia responsabilità civile o penale nel caso di una volontà espressa di rifiuto o interruzione di cure del paziente, è tenuto comunque ad adoperarsi, nel caso in cui quest’ultimo versasse in una condizione di particolare gravità, per alleviarne la sofferenza e ciò anche in caso di rifiuto o di revoca del consenso dell’interessato.

In ipotesi di alleviamento delle sofferenze il sanitario deve attuare un’appropriata terapia del dolore e al contempo, astenersi dalla irragionevole e ostinata somministrazione di cure o di trattamenti inutili o sproporzionati. Si tratta, in altre parole, di impedire l’accanimento terapeutico. Un’espressone che effettivamente soggiace a valutazioni soggettive essendo diversa da soggetto a soggetto. Tuttavia, per dare un’indicazione di massima, possiamo far riferimento al caso di colui che viene sottoposto ad una operazione chirurgica ad un singolo organo colpito dalla malattia, nella consapevolezza che, comunque, la stessa, è ormai diffusa in tutto l’organismo. Nel nostro Paese, come si sa, vi sono molte polemiche su questo punto che in qualche modo potrebbero essere contenute proprio dalla disposizione normativa in ultimo approvata. Inoltre, a seguito della nuova legge, il paziente e il medico potranno realizzare una programmazione condivisa delle cure nel caso in cui la patologia risultasse essere cronica o irreversibilmente invalidante. E’ anche possibile, per chiunque, indicare un fiduciario, sempre per il tramite della sottoscrizione delle DAT o anche con un atto a parte, affinché lo stesso, ove necessario, lo sostituisca nelle relazioni con i medici e più in generale con le strutture sanitarie.

Come si sa, i commenti degli oppositori alla legge si sono incentrati sul timore, a loro dire una certezza, che in tal modo si giungerà presto alla eutanasia.

Preoccupazione che può astrattamente avere un fondamento ma che evidentemente non tiene conto proprio di quanto sottolineato dal Pontefice che prima e più chiaramente di altri, opponendosi all’eutanasia, ha espresso analogo dissenso per l’accanimento terapeutico. Un fenomeno che la bioetica internazionale ha bandito sostituendolo con il termine “futility” proprio per sottolineare che non è più accettabile fare ricorso a trattamenti sanitari che non producono alcun miglioramento ma soltanto sofferenze.