La violenza sulle donne dei criminali non abituali – 21 settembre 2017 –

Le cronache di questi giorni riaprono il drammatico dibattito sulle violenze contro le donne. Con il termine “femminicidio”, formula non particolarmente elegante, si può efficacemente rappresentare un fenomeno cruento e vile che, nonostante le ormai numerose vittime e i vari interventi legislativi, non si riesce ancora ad arginare.

L’infimo livello etico degli autori di tali efferatezze, come la loro storia personale spesso ci indica, è dato per lo più dalla loro vigliaccheria nel selezionare ed affrontare le vittime, approfittando della loro fragilità fisica e talvolta emotiva.

Il caso della signora tedesca che è stata violentata e poi legata e imbavagliata nei giorni scorsi a Villa Borghese, uno dei più noti parchi nel cuore di Roma, è emblematico della personalità dei violentatori che evidentemente ed in generale non hanno riguardo alcuno né delle condizioni psico – fisiche, né dell’età delle loro vittime.

Oltre alla cinquasettenne turista, cosa dire della ultraottantenne recentemente violentata a Milano o anche della sfrontatezza con la quale vengono commessi molti di questi crimini. É il caso della dottoressa di turno alla guardia medica aggredita e violentata nel catanese da un giovane che si sarebbe introdotto in ambulatorio con il pretesto di farsi curare.

Risulta tuttavia essere verosimilmente inconsistente la diffusa opinione che i protagonisti degli atti di violenza contro le donne siano soggetti dotati di scarse risorse culturali, limitate capacità intellettive, che vivono in condizioni di estremo disagio economico e sociale.

Non è così o, per meglio dire, non è questa la cifra che caratterizza la maggior parte dei casi di violenza che non sempre si concretizzano in uno stupro, essendo non di rado rappresentati, oltre che da minacce e vessazioni, anche da episodi che producono gravi violazioni fisiche permanenti.

L’aggressività e la violenza non sono, nel caso di quelle esercitate sulla donna, solo prerogative di criminali abituali o soggetti che vivono ai margini della società, ma anche di uomini di ogni livello culturale ed estrazione sociale. Quelli che in termini più generici vengono considerati soggetti “normali”.

Non è neanche possibile delineare una specifica modalità di attuazione della violenze oppure luoghi ove le stesse in via esclusiva vengono esercitate. Certo, non possiamo ignorare quanto, oltre che risultare evidente, è attestato da un recente rapporto delle Nazioni Unite sulla violenza di genere, vale a dire che in larga maggioranza quelle compiute in Italia (si parla dell’80% dei casi) avvengono all’interno della abitazione familiare ad opera di mariti, partner o ex.

Una situazione a pensarci paradossale, poiché i maltrattamenti vengono per lo più subiti in un ambiente che dovrebbe di regola essere quello maggiormente protetto. In definitiva, il fenomeno della violenza di genere è del tutto evidente che non può essere confinato unicamente nella sfera dei disturbi comportamentali o del disagio sociale trattandosi, più propriamente, di una vera e propria piaga culturale, sviluppatasi negli anni all’interno di una società che, per quanto in evidente evoluzione, è ancora intrisa di cultura maschilista.

Molti uomini, a volte senza neanche piena consapevolezza, hanno sviluppato la primitiva convinzione che la donna sia una propria sottoposta alla quale non è consentita una libera emancipazione né, ovviamente, ribellarsi o assumere comportamenti renitenti rispetto ai propri dettami.

L’atto di violenza rappresenta in tale distorta prospettiva la più logica e naturale delle reazioni ad una qualsiasi insubordinazione, come è tipico delle società patriarcali.

Per contrastare la deriva della violenza sulle donne realisticamente non servono nuove leggi, meno che mai speciali, essendo quelle attuali talvolta sinanche sovrabbondanti. Occorre piuttosto un mutamento culturale della nostra società che investa in primo luogo il piano delle relazioni tra i sessi, in linea con il mai pienamente attuato principio costituzionale di parità e rispetto reciproco tra uomo e donna.