La pietra miliare: la dignità umana è un valore non negoziabile – 19 dicembre 2013 –

La tragedia di Prato, dove hanno perso la vita sette operai cinesi per un incendio divampato in una fabbrica – dormitorio, è un evento che, nella sua estrema drammaticità, ai più non è sembrato del tutto imprevedibile.
Senza alcuna retorica vi è da dire che, per certi versi, la terribile disgrazia della cittadina toscana è parsa quasi un disastro annunciato, simile ad uno dei tanti incidenti sul lavoro che, non di rado, si ripetono soprattutto nei paesi in via di sviluppo, ove la mancanza di regole o, per meglio dire, di adeguate tutele per i lavoratori si traduce, purtroppo, in un aumento esponenziale dei rischi per la salute e l’incolumità degli stessi.
Disastri come quello di Prato non dovrebbero avvenire, al giorno d’oggi, in nessun luogo, men che mai in uno Stato che, come recita il primo articolo della nostra Costituzione, è fondato sul lavoro, inteso come diritto e dovere di ogni cittadino.
In altri termini, nel nostro ordinamento il lavoro rappresenta lo strumento che dovrebbe consentire alla società di progredire materialmente e spiritualmente, non certamente di regredire a livello di un’organizzazione arcaica priva di regole.
Ecco quindi che ben si comprende come il problema non sia soltanto economico, ma ancor prima culturale e di integrazione.
Si stima che i cinesi e gli immigrati di altre nazionalità impiegati nella sola Prato siano circa 35000. In sostanza, una piccola città nella città; una sorta di zona franca dove per gli operai non esistono festività, giorni di riposo, malattie, turni, garanzie e diritti, dove si muore lavorando senza sosta per pochi euro al giorno, non soltanto per mancanza di alternative di impiego.
Il Presidente della Repubblica, in una lettera indirizzata al Presidente della Regione Toscana, non ha mancato di cogliere la complessità del problema, evidenziando la necessità di un “esame sollecito e complessivo della situazione che ha visto via via crescere a Prato un vero e proprio distretto produttivo nel settore delle confezioni, in misura però non trascurabile caratterizzato da violazione delle leggi italiane e dei diritti fondamentali dei lavoratori ivi occupati”.
É proprio la condizione di diffusa e sistematica inosservanza delle più elementari tutele dei lavoratori, purtroppo nella piena consapevolezza di questi ultimi, vittime coscienti di questo schiavismo del terzo millennio, a destare maggiore sgomento.
Per contrastare queste forme di cinico sfruttamento non basta aumentare i controlli o inasprire le sanzioni a carico degli aguzzini ma occorre, in primo luogo, promuovere una cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro e, prima ancora, politiche di integrazione vera nei confronti della popolazione immigrata.
È necessario che tutti i lavoratori, soprattutto quelli provenienti da luoghi ove non è compiutamente sviluppata una cultura dei diritti umani, acquistino una piena consapevolezza dei rischi a cui sono esposti in simili ambienti e maturino una coscienza diversa nei confronti del lavoro e delle sue finalità, per comprendere che la dignità umana, contrariamente al profitto, è un valore non negoziabile.