Necessarie semplificazioni – 30 luglio 2016 –

L’essenza dello Stato moderno, nella concezione post-assolutista elaborata a partire dal quindicesimo secolo, è rappresentata dalla legalizzazione del potere che può essere esercitato soltanto in forza di norme fissate dall’ordinamento giuridico. E’ l’affermazione dello Stato di diritto dove il principio di legalità, nella sua attuale accezione, garantisce la tutela dei diritti e delle libertà di ogni cittadino che pertanto deve essere posto nelle condizioni di conoscere al meglio la portata delle leggi che gli consentano tale prerogativa. In questo contesto gioca un ruolo decisivo la qualità delle regole giuridiche che, purtroppo, come già rilevava Francesco Carnelutti nell’ormai lontano 1956 “intossicano la nostra società”.

Ecco che risulta sempre più necessaria se non urgente la loro semplificazione anche attraverso la drastica riduzione della “bulimia legislativa”, per giungere a una migliore qualità delle regole essendo questo un elemento decisivo per migliorare la competitività del Paese e la sua capacità di attrarre investimenti. Tuttavia, gli infruttuosi tentativi di semplificazione legislativa ci hanno fatto assumere consapevolezza della complessità se non addirittura impossibilità di raggiungere l’obiettivo. Benché il tema sia considerato strategico dalle forze politiche, sindacali e sociali, i modesti risultati sino ad ora conseguiti inducono a ritenere insussistente, in concreto, la volontà formalmente espressa. E’ quanto accaduto, per esempio, con una delle disposizioni più note sull’argomento, la legge n. 246 del 2005 meglio conosciuta come “taglialeggi” i cui effetti sono stati largamente insoddisfacenti nonostante il meccanismo attuativo della stessa fosse alquanto elementare: abrogazione totale di tutte le leggi più vecchie a partire dal primo gennaio 1970, salvando soltanto quelle che il legislatore riservava di indicare espressamente. Certo non si possono nascondere le oggettive difficoltà di riordino e semplificazione della legislazione in quanto ciò comporta la revisione dei rapporti tra governo e Parlamento, Stato e Regioni nonché, anzitutto, la modifica delle procedure parlamentari.

Va anche detto, a riprova della complessità dell’iniziativa di semplificazione, che a fronte delle prospettate soluzioni del problema sono emerse opinioni divergenti degli studiosi della materia, taluni dei quali hanno espresso una visione critica, sostenendo che avrebbe condotto al disfacimento dell’impianto legislativo. A ciò si aggiunga che gli strumenti messi in campo sono risultati farraginosi e in concreto hanno implementato piuttosto che ridotto gli ostacoli che miravano ad abbattere. Ciò nondimeno, la semplificazione legislativa deve essere considerata una finalità prioritaria, tant’è che costituisce il fulcro delle raccomandazioni che l’OCSE e l’Unione Europea indirizzano costantemente agli Stati membri. La better regulation consente di perfezionare il processo decisionale e ridurre le disuguaglianze sociali ed economiche sempre più marcate dalla globalizzazione. Una società democratica è tale solo se attua una regolazione fondata sulle pari opportunità, che consenta ai propri cittadini il pieno esercizio dei loro diritti ed agevoli l’accesso alle risorse economiche e culturali disponibili.

In definitiva, dare ad ognuno la possibilità di conoscere facilmente le norme attraverso le quali realizzare le aspirazioni di crescita culturale, sociale o anche economica, significa tutelarne i diritti tra i quali, parafrasando James madison, quello “alla ricerca della felicità”. L’esperienza insegna che quando ciò è avvenuto, anche soltanto parzialmente, come nel caso del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, che dopo decenni ha rivisitato le tematiche della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, i risultati positivi si sono materializzati. La qualità delle regole, data anche dalla loro chiarezza, ne agevola la corretta applicazione e aumenta il rispetto. E’ un dato difficilmente confutabile che lo sviluppo e l’innovazione sono in primo luogo promossi da leggi comprensibili, in difetto delle quali non vi potrà che essere l’immobilismo sociale ed economico, ma anche il perpetuarsi del danno alla collettività che il mancato rispetto della rule of law comporta, quantificabile, secondo autorevoli recenti studi, in circa 700 milioni di euro l’anno.