La svolta federalista – 27 agosto 2008 –

Tra le riforme in corso, quella sul federalismo è, soprattutto per i non addetti ai lavori, di non facile intellegibilità essendo complesso coglierne l’essenza e quindi la concreta valenza innovativa nonostante, negli ultimi anni da più parti ne sia stata invocata l’attuazione.

La Corte Costituzionale già in una sentenza del 2003, affermava che “appare evidente che l’attuazione dell’art.119 della Costituzione sia urgente al fine di concretizzare davvero quanto previsto nel nuovo titolo quinto della Costituzione”.

E’ proprio questo il punto; la riforma del titolo quinto, intervenuta nel 2001, è rimasta ad oggi una grande incompiuta, sopratutto con riferimento al Federalismo la cui attuazione presuppone, in via propedeutica, la realizzazione del Federalismo fiscale.

Il nuovo disegno di legge delega, noto anche come proposta Calderoni, contiene soluzioni innovative e sintetizza nel contempo il lavoro svolto negli ultimi anni, dal 2003 al 2006, dall’Alta Commissione di studi sul Federalismo fiscale.

La consapevolezza, oggi pressoché unanime, di far giungere a destinazione il disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri, fonda sulla convinzione che il Federalismo fiscale sia la vera riforma dello Stato, quindi la concreta possibilità di ridimensionamento delle sue funzioni legislative ed amministrative e l’effettiva responsabilizzazione nell’esercizio delle competenze riconosciutegli dalla riforma Costituzionale del 2001 e, prima ancora, nel 1998, dalla legge Bassanini.

Ad una analisi approfondita, è agevole concludere per un indifferibile varo del decreto legislativo posto che la parziale attuazione della riforma Costituzionale del 2001 ha determinato evidenti confusioni mantenendo un modello di “finanza derivata” che ha generato una ingovernabilità dei conti pubblici con la dissociazione delle responsabilità impositive da quelle di spesa favorendo, in una parola, l’inefficienza e la deresponsabilizzazione.

I dati sul punto sono chiari. La spesa per la dirigenza dei ministeri centrali è aumentata negli ultimi anni del 97,9%. I dirigenti, dopo una prima riduzione da 5600 a 4600 dal 1991 al 1998, hanno raggiunto il numero di 5900 nel periodo successivo. Sono state moltiplicate le strutture amministrative piuttosto che attuare il Federalismo amministrativo e quindi l’esternalizzazione dei servizi.

Analogo discorso per le regioni. Si consideri che con la finanziaria 2008 e con il decreto salva deficit del 2007, sono stati stanziati 12,1 miliardi di euro a favore di regioni in rosso: Lazio, Sicilia, Molise, Campania e Abruzzo.

Il nucleo centrale del problema è l’organizzazione sanitaria che pur essendo materia di esclusiva competenza regionale, continua  ad usufruire di ripiani statali come avveniva negli anni ‘80.

In definitiva l’attuale sistema di finanza derivata ovvero di interventi a supporto delle amministrazioni indigenti favorisce, ma sarebbe meglio dire premia, chi ha creato i disavanzi e proprio la sanità ne è prova. Negli ultimi 10 anni i costi sono lievitati dai 55,1 miliardi del 1999 ai 101,4 miliardi del 2008 e nonostante i contenimenti previsti nelle leggi finanziarie di quegli anni.

La proposta Calderoli è appunto una bozza ed in quanto tale suscettibile di essere migliorata, cosa che può e deve avvenire. Ma è altresì evidente che “il cittadino vuole sapere perché paga le imposte”, per dirla con una celebre frase di Einaudi, e ciò è possibile solo con la modernizzazione del “patto fiscale” che consente di combattere l’inefficienza e favorire la trasparenza della spesa e la sua imputabilità.