La regione avanguardista che si trova a rincorrere – 2 novembre 2017 –

Con l’espressione “modello marchigiano” l’economista Giorgio Fuà ha inteso rappresentare una realtà imprenditoriale caratterizzata da un diffuso benessere, per lo più concentrata nella Valli e sul litorale della Ragione ma, soprattutto, da un’autonomia propria non dipendente dagli istituti bancari e da sostegni finanziari dello Stato e, più in generale, da enti pubblici.

D’altra parte è noto che il Sud del nostro Paese ha ricevuto reiteratamente aiuti statali volti a consentirgli di recuperare un ritenuto svantaggio nello sviluppo industriale, così come l’imprenditoria del Nord ha usufruito di rilevanti prestiti bancari.

Tuttavia, a distanza di circa quarant’anni da quando ha iniziato a diffondersi anche a livello nazionale il profilo peculiare della imprenditoria delle Marche, declinato nel noto modello, è opportuno chiedersi se lo stesso può essere ancora considerato attuale e, soprattutto, se la nostra Regione può essere ancora ritenuta un’isola felice come per lungo tempo è stata definita.

Nella comparazione con il Paese nel suo complesso, si può rilevare una similitudine, in un certo qual modo paradigmatica, nel settore dell’economia e dell’impresa. L’Italia, come si sa, pur essendo la settima potenza industriale del globo, vede la presenza sul proprio territorio soltanto dello 0,6% di grandi imprese. Analogamente la regione Marche è caratterizzata, con i suoi ventotto distretti industriali, lo stesso numero della Lombardia, da piccole e medie imprese tant’è che soltanto due superano la soglia di un miliardo di euro di fatturato.

Nondimeno altre analogie non è facile individuarle, mentre si registra, purtroppo, una crescita dell’attività economica regionale nel 2016 più contenuta rispetto a quella italiana. Anche l’occupazione, nello stesso periodo, è diminuita, diversamente da quanto è avvenuto nel Paese nel suo complesso. Certo non si può non tenere conto della nefasta incidenza degli eventi sismici che hanno travolto e sconvolto una consistente porzione del territorio. Vi è stata, in ragione di ciò, una marcata riduzione di flussi turistici e le attività economiche, soprattutto quelle nei luoghi prossimi all’epicentro, hanno subìto rilevanti limitazioni.

Al netto del dramma del terremoto, nel quale siamo appieno coinvolti posto che non si ravvisano apprezzabili risultati nella ricostruzione con i conseguenti disagi che tutti possono vedere, il punto è che la regione Marche da avanguardista è oggi in palese ritardo in numerosi settori. Si ravvisa pertanto la necessità, se vogliamo per alcuni versi l’urgenza, di riconquistare le invidiabili posizioni del passato e in particolar modo la cifra di competitività che è stata oggetto di ammirazione e di studi anche nei Paesi d’oltreoceano.

Un punto di partenza può essere certamente l’implementazione dell’utilizzo della banda larga nelle imprese, considerando che in questo la nostra Regione risulta essere posizionata nei bassifondi della classifica italiana, al pari di quanto avviene anche per l’indice di diffusione dei siti web per le imprese; per il numero di imprese attive nell’e-commerce e negli acquisti di servizi di cloud computing. Ciò che più sorprende e rammarica è che una delle regioni più manifatturiere del Paese risulti essere in forte ritardo, per esempio, sulla cosiddetta “industria 4.0”, vale a dire quel processo innovativo che condurrà ad una produzione industriale del tutto automatizzata ed interconnessa. Non è dato di sapere se, come da più parti si sostiene, siamo di fronte ad una quarta rivoluzione industriale iniziata proprio nel 2011 quando per la prima volta, alla fiera di Hannover, è stata utilizzata questa espressione da Henning Kagermann, ma è evidente che siamo irreversibilmente proiettati verso migliori condizioni di lavoro che devono essere coniugate con l’aumento della produttività e la qualità degli impianti.

Oggi contrariamente al passato, le dinamiche legislative ed economiche non consentono all’impresa un’assoluta autonomia dalle istituzioni poiché dalle stesse, com’è inevitabile, dipendono in larga misura. Ben vengano gli stanziamenti già previsti ed altri futuri che è bene preordinare, ma la questione non può esaurirsi unicamente nel seppur importantissimo sostegno economico, essendo necessario un più ampio supporto anche di tipo culturale, partendo dal sistema formativo, utile a favorire le innovazioni che, non soltanto dal punto di vista strutturale, potrebbero risultare epocali.