La garanzia degli appalti e la velocità indispensabile – 5 ottobre 2017 –

In un recente convegno organizzato dal Corriere Adriatico e dall’Università di Macerata in tema di ricostruzione, appalti e trasparenza, presente anche il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, sono emerse numerose e rilevanti questioni utili a comprendere e, per quanto possibile, superare i numeri di una emergenza infinita che affligge i luoghi colpiti dai terremoti dello scorso anno.

L’occasione è stata utile anche per evidenziare, semmai se ve fosse stato bisogno, la gravità straordinaria del sisma che, tanto per dare un’idea e senza voler assolutamente proporre competizioni con altri eventi analoghi del passato, ha dato luogo ad una richiesta, in tutto il cratere sismico interessato, di 215.199 sopralluoghi di edifici lesionati, vale a dire 2,7 volte il numero di quelli effettuati in Abruzzo dopo il terremoto del 2009 e circa 5 volte maggiori a quelli dell’Emilia, del Veneto e della Lombardia del 2012.

Ciò che appare molto significativo è che le ragioni dell’ingiustificato quanto evidente ritardo nella ricostruzione, già oggi palesemente marcato, è anche dovuto alla mancanza di una legislazione unitaria che ha sin qui dato luogo a 40 ordinanze del Commissario Straordinario, talune anche di rettifica di altre precedenti.

Ma ciò che desta non poca preoccupazione è il pericolo di infiltrazioni malavitose dovute agli interessi per i rilevanti fondi già stanziati per la ricostruzione e per quelli consistenti che in futuro dovranno esserlo.

In questo contesto ci si interroga su come mantenere il difficile equilibrio tra l’inderogabile necessità di procedere rapidamente alla ricostruzione ed al contempo evitare la diffusione di fenomeni corruttivi.

Per conseguire tale scopo è fondamentale la corretta applicazione del codice degli appalti pubblici al fine di raggiungere il dichiarato ma ad oggi ancora non attuato intento del legislatore, di una sistemazione unitestuale della materia, utile ad enucleare, preservandone la legalità, i profili contrattuali più ricorrenti negli accordi nei quali una delle parti è portatrice di interessi pubblici.

In questa ottica la ricostruzione delle aree terremotate costituisce un’occasione di rivisitazione di uno strumento legislativo importante, per una maggiore speditezza nella ricostruzione. Ma anche un importate banco di prova per verificare se attraverso lo stesso potranno essere effettivamente conseguiti i principali obiettivi indicati dal legislatore europeo.

In primo luogo la garanzia della qualità degli appalti che non può significare, come in passato, un mero utilizzo del criterio di aggiudicazione al prezzo più basso, bensì favorire l’offerta economicamente e qualitativamente più vantaggiosa che promuova anche l’innovazione tecnologica.

Inoltre, l’implementazione dell’efficienza e della trasparenza del sistema di aggiudicazione che deve coniugarsi con la tutela ambientale e sociale. Quella che il legislatore europeo ha denominato “costo del ciclo della vita”, uno dei parametri innovativi utili a consentire la valutazione sia negativa che positiva che l’offerta può produrre come, ad esempio, i costi di smaltimento e riciclaggio di materiali, le emissioni prodotte e le variazioni dei cambiamenti climatici conseguenti all’opera eseguita.

In un territorio come quello marchigiano colpito dai terremoti del 2016, dove si stima debbano essere smaltite 1.300.000 tonnellate di macerie e che ad oggi risultano esserne state rimosse soltanto 145.000 tonnellate, tali regole devono essere immediatamente realizzate affinché gli appalti assegnati e quelli futuri, oltre ad essere rapidamente attuati, possano costituire un formidabile strumento legale di rinascita seppure nel rispetto di una crescita sostenibile.