Carceri, emergenza di un Paese poco civile – 10 ottobre 2013 –

Il Presidente della Repubblica lo scorso 8 ottobre ha indirizzato un messaggio alle Camere, al fine di richiamare l’attenzione dei parlamentari su una questione che ha assunto, ormai, la fisionomia di un vero e proprio allarme nazionale, vale a dire l’insostenibile condizione di sovraffollamento dei nostri istituti di pena.
È la prima volta che il Capo dello Stato, nel corso del suo “duplice” mandato, si avvale di tale facoltà: si tratta, infatti, di uno degli atti “formali” di maggiore rilevanza che la Costituzione riconosce al Presidente della Repubblica nell’esercizio delle proprie funzioni istituzionali.
Il ricorso a uno strumento tanto solenne non può, quindi, che rappresentare in sé una circostanza eccezionale, tale da indurre tutti i membri della Camera e del Senato, di ogni schieramento e colore politico, ad una riflessione profonda sulle condizioni drammatiche del nostro sistema carcerario.
I 64.758 individui rinchiusi in edifici che, complessivamente, avrebbero una capienza regolamentare di 47.615 persone rappresentano, come rilevato dal Presidente Napolitano, un “inammissibile allontanamento dai principi e dall’ordinamento su cui si fonda quell’integrazione europea cui il nostro paese ha legato i suoi destini”.
L’Italia, purtroppo, si è mostrata sino ad oggi sostanzialmente incapace di fronteggiare un’emergenza che non dovrebbe minimamente riguardare un paese civile.
Tra le possibili strade per invertire la rotta, il Presidente Napolitano ha menzionato nel suo messaggio talune innovazioni di carattere strutturale, l’aumento della capienza complessiva degli istituti di pena e l’adozione di rimedi di carattere straordinario, come l’amnistia e l’indulto, che periodicamente tornano al centro del dibattito politico, tra mille polemiche.
La prima costituisce una causa di estinzione del reato, mentre il secondo una causa di estinzione della pena.
Una riduzione in tempi brevi del numero della popolazione carceraria prescindendo dall’adozione di provvedimenti generali di clemenza appare, allo stato attuale, una vera e propria utopia.
Non si può non considerare, ad ogni modo, che gli effetti positivi di tali atti, se non accompagnati da idonee misure volte all’effettivo reinserimento delle persone scarcerate, sono destinati a dissolversi molto in fretta, come dimostrato dall’ultima esperienza del 2006.
A distanza di pochi anni dall’indulto, infatti, gli istituti di pena sono tornati nuovamente a riempirsi e il problema si è riproposto pressoché nei medesimi termini.
Ben vengano, quindi, provvedimenti di questo tipo per fronteggiare l’angosciosa emergenza attuale, a condizione però che vi sia piena consapevolezza che per risolvere definitivamente il problema del sovraffollamento carcerario nel nostro Paese non sono sufficienti interventi straordinari e contingenti, ma urge un ripensamento radicale del nostro obsoleto sistema detentivo, a partire da un utilizzo più razionale della custodia cautelare in carcere e dalla previsione di pene limitative della libertà alternative alla reclusione.