Battere il terrorismo ripartendo dalla Costituzione – 3 gennaio 2016 –

Nell’anno che si è concluso abbiamo assistito ad una preoccupante prova di fragilità dell’U.E. che ha alimentato il crescente sentimento antieuropeo e di sfiducia nei confronti delle istituzioni comunitarie.

L’Europa appare sempre più inerme ed incapace di reagire in modo unitario ed in tempi brevi, non solo alle crisi finanziarie ed economiche ma alla emergenza immigrazione dall’Africa e dal Medio Oriente e, non di meno, ai violenti attacchi terroristici, l’ultimo dei quali, il 13 novembre scorso, ha colpito Parigi e sconvolto l’intero continente.

Quest’ultimo episodio, in particolare, ha rafforzato la già diffusa idea di revisione dell’accordo di Schengen che, peraltro, gli stessi francesi hanno in parte autonomamente sospeso materializzando così, su impulso di uno dei paesi fondatori, lo spettro del ripristino dei controlli alle frontiere entro i confini dell’Unione; forse la conquista storica più significativa e tangibile per tutti i cittadini europei.

L’eccellente risultato elettorale della destra di Marine Le Pen, il consenso crescente a qualunque latitudine di formazioni politiche dichiaratamente antieuropeiste ed il preannunciato referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea, solo per citare alcune criticità che in larga parte fondano sulla percepita inconsistenza della politica europea, rischiano di far naufragare definitivamente il progetto dell’Unione.

È del tutto evidente che per realizzare il sogno il Altiero Spinelli è necessario riempire di contenuti il sintagma “Unione Europea”, oggi prevalentemente caratterizzato da un’economia sociale di mercato, dove la cifra sociale è pressoché assorbita dal soccorso assistenziale e quella economica evidentemente fuori controllo.

Per contro, l’Unione Europea dovrebbe essere in primo luogo la condivisione di principi e valori connotati da una fonte comune che altro non può essere che la costituzione europea, in assenza della quale è evidentemente improprio parlare di Europa “unita”.

Pieno sostegno ai francesi per i violenti attacchi terroristici subiti e nessuna riserva per un appoggio utile a prevenirne altri eventuali; tuttavia l’unità e la solidarietà europea, oggi da loro legittimamente invocate, sono state respinte  nel referendum del lontano 29 maggio 2005 quando decisero, con una larga maggioranza di oltre il 55%, di bocciare la Costituzione Europea.

Tutt’altro che improbabile è che la scelta dei francesi all’epoca possa essere stata determinata, come analizzava Andrè Glucksmann, da una implicita imposizione, celata dietro un’apparente consultazione popolare, di un allargamento da quindici a venticinque paesi.

Inoltre, non si può certo negare che il progetto di Costituzione Europea fosse tutt’altro che un capolavoro, essendo per lo più una raccolta dei trattati essenziali, quindi un testo complicato ed eterogeneo, difficilmente intelligibile e oltremodo lungo con i 448 articoli che efficacemente potevano essere ridotti di tre quarti, in linea con una precedente proposta del 2002 del giurista e senatore socialista francese Robert Badinter.

Quel referendum, tuttavia, ha prodotto conseguenze nefaste; in primo luogo l’effetto domino che ha determinato in altri paesi europei che di lì a poco hanno votato analogamente, rendendo netta la vittoria antieuropea e quindi  indebolendo il già precario disegno di integrazione europea, che allora come adesso appariva caratterizzato dall’incompiutezza dei propri elementi essenziali. Carente, solo per limitarsi a quelli più macroscopici, di un esecutivo ed un parlamento con pieni poteri, oltre che di una comune visione e coscienza  politica e istituzionale europea da parte dei singoli stati membri.

Per superare tali criticità è necessario far ripartire il dibattito sulla costituzione europea per giungere, in tempi rapidi alla sua approvazione, essendo questo il primo ed inderogabile presupposto per una istituzione ben integrata, oltre che sotto il profilo economico e monetario, anche, direi soprattutto,  sul piano politico.

É ora di pensare ad un’altra Europa, non soltanto capace di condizionare il mercato con direttive percepite sempre più come imposizioni dall’alto, bensì caratterizzata da maggiore integrazione e condivisione tra gli stati membri, attraverso un’opera di consolidamento costituzionale partecipato che ridisegni gli obbiettivi comunitari nel medio e nel lungo periodo mettendo al centro, come pilastro, il nostro comune patrimonio culturale e quei principi e valori condivisi su cui è stata costruita.

Non si tratta di un punto di arrivo, come si potrebbe essere erroneamente indotti a credere, ma di una partenza o, più correttamente, ripartenza, in difetto della quale il processo di integrazione comunitario  è destinato a rimanere un’opera eternamente incompiuta.